Adesso si che è l’Italia di Simone Fontecchio. Che se l’è presa di forza in una notte nella quale ha riscritto la storia della pallacanestro azzurra, almeno applicata alle competizioni internazionali: i 39 punti realizzati contro la Bosnia rappresentano il record in una singola partita di EuroBasket per un giocatore della nazionale, oltre che la sesta prestazione all time (eguagliata quella di Antonello Riva al mondiale 1986 contro Israele: in vetta c’è sempre Riva con i 46 punti segnati contro la Svizzera nel 1987 in una gara di qualificazione al mondiale). Ma soprattutto danno la dimensione del giocatore che è diventato Fontecchio, uno che ha pieno diritto di considerarsi stella al rango delle altre stelle della competizione.
- Ribaltone Fontecchio: adesso il canestro è una vasca da bagno
- “Non leggo nulla, so come funzionano le cose in Italia…”
- Thompson, altro che corpo estraneo: Darius è l’ago della bilancia
- Procida e Gallinari, le facce tristi delle due vittorie
Ribaltone Fontecchio: adesso il canestro è una vasca da bagno
Le difficoltà al tiro palesate nelle prime due gare contro Grecia e Georgia avevano fatto storcere il naso a tanti, fino ad arrivare a sentenziare che quello fosse il reale valore del giocatore fresco sposo dei Miami Heat (che certamente dall’altra parte dell’oceano avranno osservato compiaciuti la prestazione offerta contro la Bosnia).
In realtà serviva solo una scossa, un qualcosa che potesse infondergli fiducia, e una volta che la retina ha cominciato a muoversi tutto è divenuto più facile. Il 7/10 dal tre punti ne è la riprova: per tutta l’estate Fontecchio ha litigato con le percentuali dall’arco, confermando i balbettii nelle prime due uscite a EuroBasket nelle quali aveva trovato un solo canestro su 10 tentativi. Contro i balcanici però Simone ha ribaltato i tavoli: ha tirato col 65% dal campo (6/10 in area), ha guidato i compagni nei momenti che hanno deciso la partita, dimostrando di sapersi prendere eccome le proprie responsabilità.
Un anno fa non averlo avuto al preolimpico è costato all’Italia la possibilità di giocarsela alla pari con Lituania e Porto Rico (ed è andata male), adesso Pozzecco sa che un Fontecchio in questo stato può condurlo verso quella zona medaglie che darebbe un senso a un intero percorso.
“Non leggo nulla, so come funzionano le cose in Italia…”
Parco di parole, concentrato solo sulle questioni di campo, il giocatore abruzzese ha fatto capire di non badare troppo alle voci che arrivano da fuori. “Non leggo i giornali, tantomeno i social, e questo perché so che funzionano le cose in Italia”, ha sentenziato a margine della vittoria sulla Bosnia.
“Penso solo a giocare e a concentrarmi sulle mie prestazioni. Non ero preoccupato prima quando le cose non andavano sempre per il verso sperato e non mi esalto troppo adesso, anche se sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato. Certo, non ero contento delle difficoltà incontrate nelle prime uscite, ma ero consapevole che prima o poi la ruota avrebbe girato. E comunque noi non siamo macchine: possiamo segnare 39 punti come 20. Forse ci sono solo un paio di giocatori a EuroBasket che possono decidere di ragionare come macchine”.
Il record di punti però lo proietta ora in una nuova dimensione: “Fa piacere, ma non cambia la mia missione, che è quella di fare canestro per aiutare a vincere i miei compagni. Con la Bosnia siamo stati bravi a giocare un possesso alla volta, rimanendo sempre attaccati alla partita. Ora testa alla Spagna: non saranno più quelli di una volta, ma restano fortissimi”.
Thompson, altro che corpo estraneo: Darius è l’ago della bilancia
Se Fontecchio è l’uomo copertina, nell’Italia che dopo tre gare della prima fase ha un piede e mezzo negli ottavi c’è tanto anche di Darius Thompson. Per il quale parlano i numeri, soprattutto uno: +22 di plus/minus contro la Georgia, +28 contro la Bosnia. Tradotto in parole povere: se si considerano soltanto i minuti in cui è rimasto sul parquet, l’Italia avrebbe vinto quel segmento di 22 e 28 punti.
Thompson è arrivato il 7 agosto con la nomea di un tappabuchi, solo perché DiVincenzo aveva declinato l’invito a unirsi al gruppo per via di un problema a un dito di un piede (vero o presunto tale). Ha dovuto integrarsi in fretta nel gruppo, sebbene per cultura e abitudini sia molto diverso dai suoi compagni, ma in campo ha cominciato a guidare la seconda unit proprio come da programma.
E con i 14 punti messi a segno con la Bosnia ha dimostrato di saper vedere eccome il canestro. Il vero Thompson non s’è ancora visto, ma se dovesse continuare a giocare così darebbe credito e merito a chi l’ha voluto. Alla faccia del tappabuchi.
Procida e Gallinari, le facce tristi delle due vittorie
Fin qui le note liete, che poi ce ne sarebbero altre (le triple “ignoranti” di Spissu e Ricci, la leadership di Melli, l’utilità sconfinata di Pajola e via dicendo). Qualche spina però c’è, anche se marginale, visto l’andamento del torneo azzurro. Gabriele Procida tenuto fuori dalle rotazioni è un caso: tra un mese andrà a giocare nel Real Madrid, ma per Pozzecco è un corpo estraneo al gruppo. Per il valore del ragazzo, stride vederlo così ai margini.
Mentre Danilo Gallinari, dopo l’esordio così così con la Grecia, ha messo assieme 7 minuti complessivi nelle due gare vinte. Il Gallo ha accettato un ruolo di “chioccia” per i giovani, ma certo mai si sarebbe aspettato di giocare così poco. Per quel che s’è visto, forse i ritmi di Porto Rico non sembrerebbero averlo allenato così duramente come le cronache lasciavano presagire. E cavalcando spesso il quintetto piccolo, prediligendo Niang, Melli e Diouf in posto 5, per Danilo gli spazi finiscono per restringersi ancora di più.
Il torneo però è ancora lungo e tutto può succedere: domani con la Spagna (ore 20.30) in palio c’è il secondo posto nel girone. Gli iberici non sono più quelli della generazione dorata dello scorso decennio, ma restano durissimi da superare. Con in panca un totem come Sergio Scariolo che non aspetta altro che fare un “dispetto” a quella FIP che non l’ha mai tenuto in considerazione per la panchina della nazionale.